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Bach, Sonate e Partite

introduzione all’ascolto per l’integrale al Festival del Ticino 2003


Credo che ogni violinista abbia un debito di riconoscenza verso le Sonate e Partite di Bach.

Personalmente, da studente ho arrangiato non so quante lezioni con un Adagio o un’Allemanda, sempre gli stessi. Alla prima occasione mi fermavo e mi davo a porre un problema tecnico o stilistico, così, improvvisando, e alzando la mira il più possibile, pur di perder tempo e non dover andare avanti a suonare. Anzi, per la mia riconosciuta abilità poteva anche capitare che lo facessi conto terzi, richiesto dai miei compagni, una in particolare che certo si riconoscerebbe in queste mie righe. Ero disponibile, ma lo facevo anche per generosità, non crediate.


Non poteva essere che il maestro ci cascasse ogni volta. Eppure, sarà stata saggezza, ma me l’ha sempre passata liscia. Sospetto che non gli dispiacesse ragionare ad alta voce, insieme a noi, di questa grande musica. Quanto mi diverte, oggi, vedere i miei allievi che qualche volta si sperimentano in quell’arte della quale sono stato maestro: anche in questo si riconosce una scuola. E anch’io ci casco.

Non è un caso che per questo genere di salti mortali - il mio maestro in realtà era temutissimo! - scegliessi Bach. Anche se non avevo studiato per la lezione, di certo avevo suonato molto Bach, sempre quell’Adagio e quell’Allemanda, intendo. Suonato in qualche modo, certo, semplificando e pasticciando le cose più complicate. Ma non l’avrei fatto con altra musica.


Le Sonate e Partite di Bach sono tra le poche cose scritte per il violino solo. Veramente solo, senza un sostegno, senza un appoggio, senza un competitore, senza una controparte, senza un nemico e senza un amore. Così solo da doversi sdoppiare o più, per suggerire un accompagnamento e insieme suonare sopra di esso, interpretare tutti i personaggi via via entrati in scena e tutte le loro vicende. Tutto questo può avvenire grazie ad un incantesimo della fantasia, perché il violino non può suonare più di una linea musicale, come invece può fare il pianoforte. Come in un gioco di bambini, un ciottolo diventa un’automobile, un’astronave, un sommergibile, e in groppa a una farfalla possiamo volare in un altro universo. Le Sonate e Partite sono una musica fatta di illusioni.


Si racconta che il grande Pablo Casals, uno dei maggiori violoncellisti della storia, suonasse ogni giorno della settimana una delle sei Suite, che sono il corrispondente violoncellistico delle Sonate e Partite. Lo faceva per sé, e ogni nuova settimana ricominciava da capo.

Casals era un bel personaggio. Schifato dalle vicende della seconda guerra mondiale si era ritirato in un paesino dei Pirenei e non voleva saperne di tornare in attività. Pur di farlo tornare a suonare i maggiori artisti dell’epoca organizzarono un festival a casa sua: “Non vuoi venire? Veniamo noi”.

Non credo che nemmeno durante il suo volontario esilio abbia trascorso una settimana senza le Suites. Cosa avrà trovato Casals in quella musica?


Mi piacerebbe sapervelo dire. Ma non sono certo che, anche avessi trovato le parole, ve lo direi.

Sappiate solo che nelle Suites e nelle Sonate e Partite c’è un qualcosa capace di conquistare un ragazzotto un po’ lavativo a scuola, un grande violoncellista e un maestro, insomma i personaggi nella nostra piccola storia. Vi basta?


Fulvio Luciani