intorno a brahms

2° concerto

20 ottobre 2013 , ore 11

Auditorium di Milano, Largo Gustav Mahler



2* concerto

L'etica romantica: le Sonate

Brahms Sonata in sol maggiore op. 78

Brahms Sonata in la maggiore op. 100

Brahms Sonata in re minore op. 108



Fulvio Luciani, violino

Massimiliano Motterle, pianoforte



note di lavoro: il violino di Brahms


Brahms ha con il violino un legame profondo e antico.

Lo suona da bambino assieme al padre, in locali non proprio di prim’ordine della sua città natale, Amburgo.

Poi, è il violino a portarlo via di lì, grazie al violinista Ede Reményi, un virtuoso di origine ungherese, che fa di Brahms il collaboratore pianistico delle sue imprese.

Di violinista in violinista, è Reményi a far conoscere a Brahms Joseph Joachim, che diverrà interprete della sua musica e un consigliere molto ascoltato con cui Brahms rimarrà in contatto tutta la vita.

Già all’incontro con Schumann - cui abbiamo accennato la volta scorsa - Brahms ventenne porta con sé una Sonata per violino e pianoforte, e al violino è dedicata la riscrittura delle due Sonate op.120, in origine per clarinetto, che Brahms pubblica nel 1895: quasi il primo, quasi l’ultimo suo lavoro.


È nota la prudenza di Brahms nell’affrontare le forme alte della tradizione di cui si sente erede, quella che risale a Beethoven, a Mozart, fino a Bach: il primo quartetto d’archi porta il numero 51 del suo catalogo, ed è pubblicato dopo che ne sono stati progettati a decine, spesso eseguiti alla presenza di amici fidati prima di essere distrutti, e la prima Sinfonia è al numero 68, ben ventitré anni dopo che nel suo famoso articolo Schumann gliel’aveva indicata come il destino al quale era atteso. Si tralascia, però, di notare che l’avvicinamento al violino richiede ancora più tempo: dopo la Sonata per violino e pianoforte fatta ascoltare a Schumann, perduta da un editore cui era stata affidata che non la pubblica perché più interessato a pezzi per pianoforte solo - ma non tutto è chiaro nella vicenda, perché forse è anche Brahms a lasciar perdere -, non ci sono pezzi per violino fino al Concerto op.77, e la prima Sonata è al numero seguente, 78, come sempre susseguente ad altre, completate e distrutte. Stupisce, perché come abbiamo detto Brahms ha una lunga frequentazione col violino nell’esperienza viva e carnale del suonare insieme, e in Joachim un consigliere fidato capace di guidarlo nella risoluzione dei problemi di una scrittura tecnicamente propria per lo strumento.

Forse, il problema è nella natura del violino, ed è un problema di discrezione.


Nell’introduzione a questo ciclo ho descritto il violino come una specie di macchina della verità, comandata direttamente dall’immaginazione più che dai movimenti delle dita, e in grado di svelare i pensieri più nascosti. Schumann coglie appieno questa qualità: è il violino, più che il pianoforte, il suo ultimo strumento, quello che riesce a dare voce, con un suono che è più un ruggito che un canto, ai fantasmi della sua mente quasi inghiottita dalla follia e a cui al crepuscolo della sua vita dedica un Concerto e la sua terza Sonata, opere affascinantissime ed estreme in ogni senso che la moglie Clara e l’amico Brahms, forse non capendole appieno, escluderanno del catalogo delle sue opere. Ma non è questo ciò che Brahms cerca nel violino.


Brahms, per il violino, la cui voce è dotata di una bellezza vistosa e di una forte seduttività, sceglie sempre la forma alta e costruita della Sonata, diversamente da quel che fa col pianoforte, per il quale scrive sonate solo in gioventù e al quale nella maturità riserva straordinarie pagine del tutto libere da obblighi formali, come a riconoscere che la voce del violino può essere pericolosa, può rivelare una verità inopportuna e richieda per poter essere maneggiata di un surplus di autocontrollo che gli obblighi della forma garantiscono.

E poi, sceglie di far cantare al violino, che è sfacciatamente protagonista per natura, una musica riservata e poetica. Non lo snatura: non che non sia canto, il suo, ma com’è canto quello dell’opera lo è anche quello del lied e Brahms inclina più per questo secondo, e per il violino sceglie più per un cantare dentro a sé e per sé che non per lo spettacolo.


C’è coerenza in questo. La scrittura di Brahms è sempre frutto non di un’accensione dell’immaginazione ma di un lavoro minuto di derivazione, protratto fino ad una messa a punto che dà l’illusione della spontaneità (nel mio minuscolo, credo di capire questa maniera di procedere: anch’io, quando scrivo lo faccio più per seguire i miei pensieri e per chiarirmeli man mano; e quando suono, un singolo particolare colto in una nuova luce mi costringe a rivedere tutto di nuovo, e di nuovo ancora al prossimo particolare, e ancora, e  ancora). E l’idea stessa della poesia è l’idea di una costrizione capace di esaltare, più che di condizionare, la potenza di ogni singola parola.

Non c’è senso dello spettacolo virtuosistico, nella musica violinistica di Brahms, non ci sono né eroismo né forza. C’è, invece, un’enorme intensità poetica, spesso un incanto, costretti entro una rappresentazione interiore che è anche fragile e intima e pudica.


Non saprei descrivere con chiarezza la qualità della voce violinistica di Brahms. So cosa vuole dire ma la sua natura conserva per me un tratto elusivo, che quasi contraddice la modalità tecnica, invece molto franca, che chiede per essere espressa, una modalità che che pretende ampiezza, profondità di suono e che sembrerebbe più adatta all’estroversione che all’intimità. Così, trovo che le tre Sonate possano essere eseguite anche con ingenua generosità, rimanendo bellissime. Penso all’immagine a cui siamo più abituati di Brahms, quella senile di un omone barbuto che sembra gigantesco, un’immagine che davvero non riesco a rendere coerente con quella più antica del giovane quasi angelico dai lunghi capelli biondi che è stato. L’aspetto maturo sembra forse più una scelta, quasi una maschera, che non il naturale deposito degli anni sui lineamenti. Ma avrei voluto incontrare quello sguardo per poter scoprire quel che quella maschera voleva nascondere, e che credo che la sua musica, questa in particolare, potentemente svela.


Fulvio Luciani

quattro concerti intorno a brahms

foto massimo volta
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